(questo post non ha titolo)
Cosa ne sai tu.
Cosa della dispersione.
Del Quasi che è la mia sola ala.
Dell’esangue tenerezza con cui attendevo.
Cosa dei miei meandri vili.
E delle vette di coraggiosa incoscienza.
Degli incendi che ho consacrato.
Delle speranze suppliziate, delle smanie stanche.
Cosa ne sai tu.
Dello spazio che si dispiega nei miei occhi.
Degli orli che ritaglio con lo sguardo.
Cosa, delle increspature alla fiducia.
Dei miei slanci scarlatti.
Delle mie accettazioni mute.
E delle conseguenti inerzie.
Cosa.
Dimmi cosa ne sai.
Dei miei ponti levatoi, dei profondi fossati scavati a mani nude.
Delle basiliche erette alla noia, cosa, dei grappoli di lontananze.
Tàppati la bocca.
Ché non sai nulla.
Nulla dei miei rimpianti -terrazze sul mare-
Del mio fastidioso sapermi negare.
Dei capricci di raso, dei solidi vizi d’avorio.
Nulla dei chiostri in cui guardo passeggiare i miei pensieri.
Del suono opaco che mi diluisce.
Nulla dell’orgasmo che mi squassa.
Taci.
Ché non sai nulla.
Di me.
slurp. e basta.
Insegnami allora!
Dio come sei bella quando non fai la figa!
Gobbo ____ Far la figa, come tu dici, fa parte del mio esser donna. Come fare la piagnucolosa, l’incazzata, la rissosa, la malinconica, l’insicura, la seduttiva, la permalosa, l’ironica, la selvatica, la cocciuta, l’emotiva e bla bla bla.
Bol ____ Bello, leggerti soddisfatto 😉
Il tuo essere donna è decisamente completo: questo, mi sembra di capire, di te.
Però…
Bacini (tanti).
è che i ponti levatoi e le terrazze sul mare sono gli intorni esattamente circoscritti di quello stato d’animo che aleggia come foschia fumigante, tra il non più e il non anocra, ecco.
per quello mi piace, non ostante gli a capo anfetaminici e una certa opulenta ridondanza. anzi, forse per.
Cosa ne sa di te? Ciò che tu gli hai detto, o lasciato vedere, o fatto intendere.
Oppure: ciò che ha creduto io gli abbia detto, ciò che ha pensato di (intrav)vedere, ciò che ha voluto intendere.
Il che equivale a non avermi conosciuto con gli strumenti che gli avevo fornito. Pochi, per l’appunto.
Oppure, semplicemente, da buon egocentrista ciò che gli ha fatto gioco intendere. Il che equivale ad aver banalizzato-strumentalizzato-gettato al vento un’opportunità grande:quella di conoscerti, per l’appunto.
K.
ah, ma tu sei socialmente pericolosa, eh.
nevvero?
[ ma che cosa ne so io di te? meraviglia, è uscito fuori un paradosso che odifreddi sbiancherebbe! :)))) ]
Mi si e’ aperto un dialogo interiore tra talamo ed ipotalamo,insomma,pressappoco da quelle parti: scrivere una battuta sul tema della poesia ( cosa ne sa il tipo di te) e questo lo sostiene il talamo; oppure scrivere semplicemente che e’ una bellissima poesia e che mi e’ piaciuta e continuera’ a piacermi a lungo chissa’ forse per sempre anzi sicuramente. E questo lo sostiene l’ipotalamo. OK ha vinto l’ipotalamo e senza bisogno dei rigori.
Troppa grazia!
Mi hai regalato un sorriso.