(questo post non ha titolo)
Il mio problema è sempre il ritorno.
Testimone incorruttibile di ciò che mi piace chiamare col proprio nome: solitudine.
Carica di bagagli percorro i pochi metri che mi separano dall’auto al portone di ingresso.
Dovrei pensare ai venti gradi che mi hanno cotto le guance sabato pomeriggio in riva al Chisone. Al sontuoso binomio pierrade/nebbiolo duemilatre di Piccaluga che m’ha distratto perfino da Flavio Oreglio in vena di battute, al tavolo di fronte. Ai fondisti russi che sfilavano davanti a casa in tenuta da jogging. Ed anche ai fondisti croati, a quelli polacchi a quelli austriaci. Evabè.
A questo dovrei pensare. Perchè i momenti di distrazione dal piatto mare di metallo in cui navigo, immobile, sono preziosi -quanto rari- E invece no.
Sono qui che cammino verso il portone di ingresso, il cancello si sta richiudendo alle mie spalle ed una tremenda sensazione di vuoto, come un buco freddo ed umido che avanzi senza posa dal centro del mio corpo per conquistare anche il più insignificante residuo di calore, mi annulla progressivamente ad ogni passo.
Conosco molto bene questo sintomo, l’artiglio della desolazione che mi ghermisce, in agguato tra i mobili di casa, quando l’orologio mi obbliga ad abbandonare il pensiero delle ore sode appena vissute per costringermi a preparare una cena minima, consumata alla luce della tv, svogliatamente, prima di sdraiarmi per pura disciplina nel letto. Le valigie ancora da disfare.
E chiudere gli occhi, illudermi di controllare le extrasistole che rintoccano al centro dello sterno e prepararmi ad affrontare una settimana identica a quella precedente, identica a quella immediatamente successiva. Quel tempo fra parentesi che è la mia vita.
Però, quei fondisti…
Hai presente la citazione che ho trovato di Hemingway?
“Se mi osservo mi deprimo”.
Ecco. E’ la solita cosa. Guardiamoci meno, Cris, e guardiamo un po’ più fuori.
La situazione è uguale ai tre mesi passati che ho vissuto guardandomi e stando immobile. Ora però ho poco tempo per guardarmi, dato che son due settimane che faccio la pimpantona. Non cambia niente, ma almeno ci faccio caso meno spesso 😉
“il piatto mare di metallo in cui navigo” è davvero notevole… Se dovesssi cominciare a scrivere un libro, chiamami… sarei il primo acquirente… Bentornata fondista della tua vita
Si tratta di cambiare posto alle parentesi: una questione di punteggiatura (lo so, mica facile, però è così, come questo commento: non è detto che le parentesi siano al posto giusto).
..rendi eterni quegli attimi di respiro tra due parentesi..spostare la visione e l’attesa,parentesi che solcano i giorni muti e vuoi,come un ponte sopra il grigiore..Mi piace la tua complessa semplicità..:*
Bella che sei, zia.
Se io sono radiosa, tu cosa sei?
Non perdere la capacità di stupirti, mai, neanche nella routine del quotidiano: è fondamentale, anzi no, di più, è proprio vitale.
Forza!
…c’è un cielo, c’è un sole.
@ Vì: non c’ho l’indole della pimpantona. Mi diverto ma in modi assolutamente poco convenzionali, lo sai 🙂
Però posso sforzarmi di volgere altrove lo sguardo, questo sì.
@ Toss: …cambiando l’ordine degli addendi…
@ Codice: un libro? io? no no.
Bacio.
@ Serena: sono assolutamente elementare nelle mie esigenze e nei miei comportamenti. Giuro!
@ Rita: lo sai che ti risponderei come non vorresti sentirti rispondere… :-***
@ Seigradi: io la capacità di stupirmi ce l’ho eccome. Basta stupirmi 😉
@ Max: ci sono il sole, il cielo, il mare, i fiori, gli uccellini… Però.
e tu riparti, no?
cui prodest?
🙂
Silenzi, pause, solitudine, pensate che tristezza se non facessero parte di noi. Chi vola alto è sempre solo.
ho sempre pensato che la vita fosse quella rimasta *fuori* dalle parentesi… allora mi sono sbagliato di tutto?!?
Grazie di cuore per avermi suggerito il tema musicale….
Un saluto al volo, anche se non ho le ali…
chiudere la porta e lasciarsi alle spalle un canone inverso di sensazioni dal sapore malinconico di pianto e dolcissimo di cannella. lasciarsi filtrare dalla luce dei silenzi che popolano la mente di indefiniti, confusi, sbiaditi, bellissimi ricordi.
.. è sempre un pò triste tornare ..
tornare, ed essere al punto di prima
🙁 ..ma passerà? (commento per te ma riferito a me )
ti abbraccio
@ Ecce: fregherebbe poco a nessuno, presumo. Ma non vivo mica di rendita! 😉
@ Insolitamente: …hai l’impressione che io voli?? Sono solo sola.
@ Bolillino: basta che ci sia, ‘sta vita. Sopra, sotto, fuori dalle parentesi, dentro, dopo i puntini di sospensione, a capo.
Bacio.
@ Blue: oh, prego.
@ Etruscilla: stai parlando di te, non di me, vero? 😉
@ C’è sempre un punto di prima cui si tende. Sarebbe bello si spostasse in avanti nel tempo, almeno ogni tanto.
Un abbraccio a te.
Blog molto bello.
Ciao
Piero
Capita che fuori al freddo stai meglio perchè piuttosto che pensare ti tiri il cappotto e ti sistemi i capelli; si sta meglio perchè sei nell’altrove di qualcuno di cui non vuoi sapere il nome.
già, noi fondisti. ci sdraiamo stanchi e soddisfatti. anzi siamo così deliziati che sentiamo la stanchezza come un carezza ritemprante
mi piace come scrivi…è come veleggiare, sfiorandoli appena, su un mare di chiodi la cui punta è rivolta al cielo …con l’eterna paura di cadere….
il ritorno è sempre un problema, ogni cosa che vedi ti rammenta che c’era ieri e sei sicuro che ci sarà anche domani e oggi é solo un intermezzo… insomma un sandwich che da una parte ha il pane, dall’altra il pane e nel mezzo ancora pane…
bel post
piaciuto molto
ciao
Per anni ho avuto una “casa” dove andare, in una città che aveva molta voglia di adottarmi.
E io, spesso, non andavo nemmeno.
Perchè, poi, non volevo ritornare, da sola.