Del dispiegamento del tempo
Quattordici giugno.
Io non dimentico.
Non dimentico dov’ero quattordici anni fa, sette anni fa, l’anno scorso.
Non dimentico i vuoti riempiti con i vuoti, le sensazioni di quando ero bambina come quelle della me adulta.
Il sapore dei semi dell’anguria sputati per gioco come proiettili, e quello amaro dell’anestesia al risveglio. Io non dimentico niente.
Si dice sia una sorta di malattia, tutto stipato nel cervello. Date, immagini, odori, emozioni, insignificanti dettagli che la nostra testa dovrebbe cancellare. Già, perché il cervello è fatto per selezionare le informazioni essenziali, quelle potenzialmente utili e quelle inutili e sgravarsi almeno da quest’ultime. Il mio soffre di memoria compulsiva, trattiene tutto, un po’ come il corpo. Viaggio tutt’altro che leggera, insomma, e spesso il viaggio è faticoso più del ragionevole.
Io non dimentico. Dovrei essermici abituata, sono quasi a metà della mia vita.
Prima o poi la gente smetterà di stupirsi quando racconto come ero vestita il primo giorno di prima elementare e come si chiamavano tutti i miei compagni di classe (i cognomi, non i nomi) e la loro disposizione nei banchi e quali cartine erano appese ai muri. Anno dopo anno, fino al liceo. Non una falla nella memoria.
Io non dimentico.
I viaggi, le persone incontrate, i chilometri macinati, le facce dei benzinai, l’odore dei porti, da est a ovest, i libri letti che meritano una vasta sezione a parte.
Così come non dimentico dove stavo a quest’ora, quattordici anni fa.
Pavia. Il parco verde, le signorine gentili, l’assegno, la sensazione che quello, più di altri ricordi, non mi avrebbe abbandonato un solo istante, trasformandosi da ricordo in costante vissuto.
Io non dimentico.
Nemmeno di ringraziare come sto adesso, perché ricordare tutto ti porta a credere che la storia si ripeta ma ti insegna anche ad agire come se potessi evitarlo.
Lo so che magari mi odierai per questo commento ma… ti invidio la tua memoria! Lo sai che mi fa male provare a ricordare dei miei compagni di scuola, e escono e facce si ma comincio ad avere dubbi sui nomi di qualcuno… oppure tutte le persone che ho conosciuto all’universita’.
Le piu’ importanti la ricordo, ma, ad esempio, i nomi di alcuni sono come volatilizzati. Le facce si’, i nomi no. Mi preoccupa questo, non dovrei essere cosi’ vecchia. Eppure dimentico.
Un saluto, e scusa il mio commento un po’ insulso…
Non credo sia semplice dover convivere senza mai poter formattare almeno in parte.
Certo, musiche, libri, sapori, odori, sensazioni sempre presenti, sempre vive.
Ma addii, malattie, morti improvvise, cose che nessuno vorrebbe come bagaglio.
Difficile, suppongo faticoso.
Scrivi bene, spettacolare l’elenco “puro piacere”, letto in un fiato.
E infatti, Metalupo, mica vivo benissimo, io 🙂
Inizio adesso a sopportarlo.
Anni fa era più che fatico, quasi insostenibile.
Grazie del complimento che ricambio, senza piaggeria.