Tre mesi e mezzo
Qualcun’altra dorme nella casa del lago e si risveglia placida fissando il putto di bronzo ancorato al muro.
Non so se dia da mangiare ai germani ed ai cigni ed innaffi le piante. Non so se sia la prima a preparare la colazione di mattina. La vita va avanti, il palcoscenico è il medesimo, la mia bocca si storce in una smorfia di reale disgusto.
Piango meno , o meglio, non piango più di quei pianti disperati di cui sono solo capaci i bambini più insopportabili.
Dopo mesi di dosi massicce di psicofarmaci il mio pianto è come la preghiera serale, silenzioso, puntuale, definitivo. Perché adesso si sta facendo avanti la rassegnazione. Dio, quanto ho tentato di tenerla lontana, aspettavo un cenno, un messaggio, un ripensamento, niente. Dopo tre mesi e mezzo adesso non lotto più con la speranza. Di niente.
Così sto, così starò, e se starò peggio di così vedremo il da farsi.
Tra qualche giorno, a Barcellona, nasce il primo nipote dell’Avvocato; avrei tanto voluto vedere se anche in quegli occhi ci fosse la luce perfetta della cattiveria. Forse adesso la riconoscerei. Chissà.
Non so se i bambini (quelli così piccoli, specialmente) possano essere cattivi.
Non credo. Credo che ci possono essere predisposizioni genetiche a stati inusuali della mente, ma la cattiveria vera e’ (secondo me) frutto dell’esperienza, del vivere, di stati che non sono a priori.
Certo, se i genitori sono tendenzialmente inclini all’essere stronzi, poi un figlio quello prende come esempio (anche i figli ribelli, secondo me).
La rassegnazione (se deve essere) e’ un primo passo. (E ad uno che ti sostituisce così senza rimorsi, probabilmente la rassegnazione e’ la cosa migliore che gli possa arrivare da parte tua.)
Secondo me non starai peggio di così. Non saprai quando, ne’ come. Il tempo e’ una cura infallibile. Tu stessa credo ne hai abbastanza, e il tuo corpo aiuterà la tua mente (e cuore) a non soffrire.
E allora, anche se magari non scorderai (nemmeno io scordo), succederà che non avrai tempo nemmeno di attardarti a pensare, e sarai felice di non essere più accanto a quella persona, perche’ starai bene con te stessa, e qualcun altro sarà al tuo fianco.
E non dovrai neppure vendicarti su l’Avvocato, perche’ quello che una persona semina, poi raccoglie, stai sicura! 🙂
Un abbraccio!
Rassegnazione.
Io ancora non mi rassegno, forse, in questo, anzi, sicuramente, sbaglio, tu no, tu, in qualche modo stai andando avanti.
Ti abbraccio.
La parte razionale di me concorda con Bulut: anche lui prima o poi si ritroverà con la faccia a terra a fare i conti con se stesso, stanne certa. Nessuno passa indenne da questa vita, neanche chi all’apparenza sembra sempre cavarsela alla grande, lasciando il conto da pagare agli altri.
(Non si sta già forse mantenendo l’ex moglie sanguisuga? La fonte delle sue presunte depressioni?)
Poi c’è un lato perfido di me che avrebbe un paio di idee interessanti su come utilizzare il putto di bronzo incastonato nel muro della casa del lago…
…che alla fine, sempre incassare il colpo con stile, senza protestare, senza neppure un bel vaffanculo, non va mica bene sai? E’ quel tenersi tutto dentro che fa male al corpo e all’anima. A volte bisognerebbe davvero sapersi liberare da tutte le regole che le persone educate e per bene come te si autoimpongono e concedersi, una volta nella vita, di perdere completamente le staffe. Bisognerebbe riuscire a fare quello che fanno i bambini quando si incazzano. O gli ubriachi: gridare la propria rabbia senza ritegno. Scrivere “Avvocato Culo!” sul muro della casa del lago e poi uscire di scena. E’ infantile? E’ da pazzi? Da squilibrati? Da incivili? Chissenefrega!
Lo vorrei vedere uscire di casa l’Avvocato, col secchio e il pennello e spendere una mattinata a cercare di nascondere la scritta oltraggiosa tra le risatine dei passanti. E che lo scorno lo accompagni per il resto dei suoi giorni. Dalla “persona migliore cha abbia mai conosciuto” di certo non se lo aspetterebbe mai. Ma di certo è quello che si merita.
Per un momento ho riso, Ethel cara.
Se fossimo tutte qui organizzerei una missione punitiva stile Arancia meccanica, affittando una macchina, e facendo un disastro notturno per la reputazione e per la macchina (tanto c’ha la casco, sarebbe solo un imprevisto, ma lui li odia quindi va bene)
Lo farei davvero.
[A Bulut facciamo fare il palo, mi sa che le più rissose siamo io e te ;-)]
Scusate… E io?!?!?
Io porto birrette per tutte? ah, si, certo… il gelato…
birrette e gelato per 5!
hai presente il film “se mi lasci ti cancello”?
Ecco, bisognerebbe davvero inventare quella macchina, perchè certe ossessioni ti si insinuano dentro e risultano molto difficili da scardinare
Io sono più da cose tipo dentifricio sulla maniglia (o, se si vuole avere uno stile alla Vernacoliere, ste*rco (o similia) al posto del dentifricio!), ma va bene anche fare il palo!
🙂
Per galateo si tende in effetti ad introiettarlo il dolore. Quando basterebbe forse liberarsene, dando sfogo al ri-sentimento piu’ infantile che riusciamo emotivamente a recuperare.
Il dentifricio sulla maniglia lo mettono le bambine birichine che vogliono fare uno scherzo alla maestra. Qui ci vuole ben altro!
Tanto per incominciare una bella badilata di letame proprio davanti alla porta d’ingresso, che la signora ci finisca dentro in pieno con i sandaletti di Prada, possibilmente bianchi.
Poi, per compensare tanta rozzezza, un bel tocco artistico: ancorato al putto di bronzo un fallo gonfiabile gigantesco che ondeggi leggiadro nella brezza estiva. Talmente grande che gli abitanti dell’altra sponda lo scambieranno per l’ultima installazione di Maurizio Cattelan. E siccome si sa, l’arte è criptica, ci impegneremo affinché tutti possano comprendere il messaggio illuminante di tale capolavoro. A tale scopo basteranno due parole, semplici ma emblematiche: “Avvocato Culo”. Qui si riprende lo stesso concetto già espresso in precedenza sul muro esterno della casa del lago, ma come è noto “Repetita Iuvant”, quindi ci sta.
Gli atti vandalici sulla macchina saranno pure un semplice contrattempo per chi ha la Casco, ma certi psicoanalisti d’avanguardia li considerano atti liberatori della libido, quindi libero sfogo alla fantasia: gomme squarciate, parabrezza in frantumi, carrozzeria divelta.
E per finire, affinché tanta violenza non rimanga fine a se stessa, un fratello nero alto due metri e trenta si incaricherà personalmente di portare un messaggio di redenzione, recitando Ezechiele 25:17 (versione Pulp Fiction)
“ Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi.
Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti.
E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.”
Ethel, TI AMO.
Ce la farai…. ce la facciamo, quasi sempre. C’è un riverbero di luce dentro di noi, che nessuna notte spegne. A a un certo punto squarcia il buio e ci salva. Ti leggo da anni, silenziosa..inavvertibile. Apprezzo la tua essenza profonda di donna, senza averti mai conosciuta. Oggi voglio dirti che si deve un giorno cominciare a non morire.
Mi sono fermata qui perché mi è interessato il titolo, e di “perfetto” c’è la fotografia che hai fermato -cattivamente- e in modo puntiglioso e perfido, di quell’attimo, della casa, del lago, di chi ci sta, della colazione…