Degli inviti
Ho bisogno di tutto, anche di ciò di cui non ho bisogno.
Ho bisogno di tutti, anche di coloro che i loro bisogni li hanno appaltati a me.
Da dove venga ancora tutto questo spazio vuoto da riempire a casaccio pur di sentirmi piena, non lo so.
Come sono permeabili le frontiere umane quando la carestia si fa più pungente… Sguardi lanciati come pastura, una telefonata in cui si calibra il tono, la speranza di accendere un camino in compagnia.
Perfino io, che difendo i sacri limiti delle mie acque territoriali con forza, sempre, devo riconsiderare quel sempre e dichiararmi disposta all’invasione.
L’inverno è lungo ed io sarei disposta a cimentarmi in pigolii seducenti e gorgoglii allusivi, se servisse.
Pur non essendo mai stata una gran seduttrice rischierei volentieri il ridicolo, adesso.
Per solitudine. Per la voglia di gridare. Di tornare da qualcuno. Di sciogliermi i capelli e saziarmi di un silenzio complice.
Il mondo vuole vedere sorrisi perché il sorriso è la speranza dipinta sul volto.
E’ d’obbligo far credere di non cedere allo sconforto, anche se il gioco della verità è difficile e l’esito della recita è incerto.
Io ci provo. Espressione distesa, fronte liscia, dentatura smagliante: la fisiognomica dell’accoglienza.
Entrate nella mia stanza vuota, riempitela, e prometto che fino all’Epifania non mosterò i canini.
Non c’entra troppo, ma mi hai fatto venire in mente questa canzone: Something That I Want.
Mi piace un sacco, anche se per lungo tempo l’ho associata ad un evento doloroso, grosso modo una sorta di “consapevolezza” che la mia giovinezza era ormai terminata, e alla certezza che colui che io tanto amavo non mi amava per nulla, ne’ mi aveva amato prima.
Ora quando la ascolto, invece, la associo alla mia nuova vita, al tragitto casa-palazzetto dove porto i bambini per il loro sport, alle nuove amiche che ho trovato, e al fatto che non tornerei indietro nel tempo nemmeno se mi pagassero, sto invecchiando ma sto tanto meglio così, più matura, consapevole, anche se la bellezza e la giovinezza ormai sfiorisce…
Un abbraccio,
..fino al 6 gennaio, non mostrerai i canini? mi domando dove sta la fregatura?
► Bulut, cara, volesse il cielo che io, ascoltando una canzone che nel passato mi ricorda una tragedia sentimentale, provessi tenerezza, ora!
Se avessi il privilegio di dire, consapevolmente, “adesso sono talmente appagata e serena che non tornerei indietro nemmeno se stipendiata”… Chi lo diceva, Einstein? Il ricordo della felicità non è più felicità ma il ricordo del dolore è ancora dolore. Forse perché non è ritornata la felicità, chissà.
Io, e quelli come me, aspettiamo miracoli (cit.)
► Solitamente quella fregata sono io, Mauro… Carta canta!
Menomale menomale che hai bisogno di tutto, che ti senti che hai bisogno di tutti, sai che fregatura “le persone che urlano ai quattro venti” – Aaa io non ho bisogno di niente! – Bleah…
Ciao Caroline, sono una lettrice silente da molto tempo.. Ho letto delle tue involuzioni, delle tue piccole ma significative svolte amorose, del buco nero in cui sei piombata.. hai un modo di far trapelare le tue emozioni che mi arrivano dritte al nucleo, e quasi trovo sollievo, perchè mi sento meno “sola” nell’estroflessione di certi meccanismi, dinamiche interne che scattano e che ai più risultano magari “incomprensibili” (o almeno io lo penso). Anch’io come te sono reduce da una cocente delusione d’amore che si è impregnata nel cervello, nelle ossa, in ogni pertugio di questo mio involucro e le sto provando tutte per uscirne.. ..così, quando avverto il pungente senso di solitudine che mi appanna la vita corro qui, tra queste tue parole, speranzosa di trovare comprensione, empatia, dolore anche.. ove mi “identifico” ed è come ti conoscessi, perchè accomunate da diverse sfumature e a tuo modo, non so perchè, e come, ma sai regalarmi una sorta di piccola speranza.. Ti ringrazio per questo, un forte abbraccio
sono in ritardo con la lettura del post. e, in un certo senso, in anticipo. bello “rischiare il ridicolo”. buon giorno
dimenticavo: io non ho bisogno di niente 🙂